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SOGNI D'ANARCHIA (facciamo chiarezza)

  • Immagine del redattore: Visconti Dimezzato
    Visconti Dimezzato
  • 5 apr 2020
  • Tempo di lettura: 5 min

La parola “anarchia” deriva dal greco e significa letteralmente “assenza di governo”. Eppure son ben convinto che il singnificato di questa idea non sia da rendere in maniera ceca e testuale, in quanto in una società di indole anarchica -chissà magari- cesseranno di esservi vigili urbani, ma sicuramente non cesserà di esistere un codice stradale; ciò in virtù del fatto che un'assenza del governo non implica conseguenzialmente l'abolizione delle regole. Nessuno avrebbe quindi il diritto di vivere dentro ai suoi egoismi, nessuno potrebbe instaurare il "suo" sistema di cosmi personali, scordando che poi infine avrà come tutti due metri di terreno[1]. Ad oggi l'alone di nebbia che circonda e offusca questo termine è fonte di fraintendimento. I ragazzi -e non solo- intendono "l'anarchia" con quella concezione sovversiva che oltraggia e detesta lo Stato (e le sue istituzioni) senza un nobile scopo distintamente preciso; spesso infatti si associano ad essa, quasi per moda, quei moderni ed eticamente sbagliati "ideali" -se così possono definirsi- quali ACAB (all cops are bastards) che snaturano un'idea che va aldilà della semplice e capricciosa negazione di un potere centrale. Anzitutto, bisogna dire che sono molti gli stili di pensiero e d'azione che sono qualificati come "anarchici" e dunque risulterebbe vano e infantile tentare di unificare tutte queste tendenze in una qualche ideologia. Infatti l'anarchismo non costituisce un sistema sociale definito e in sé concluso, quanto piuttosto una determinata tendenza di sviluppo storico-sociale ed economico, che in contrasto con lo stile di vita imposto da tutte le istituzioni governative e clericali, lotta per il libero dispiegamento delle forze individuali e sociali della nel tempo. Guccini descriveva quello che è il sentimento anarchico con i versi "il libertario è sempre controllato dal clero e dallo Stato".

L'anarchico quindi -per citare Guerin- concepisce la libertà non come un concetto filosofico, ma come possibilità concreta per ogni essere umano di sviluppare appieno tutte le potenzialità, le facoltà, le doti che la natura gli ha donato, volgendole a vantaggio della società; dunque minore è il peso della tutela politica ed ecclesiastica nella determinazione dell'individuo, tanto più ricca e armoniosa diverrà la personalità di questo. Anarchico è colui che, riponendo grande fiducia nell'essere umano, supporta la visione di un ordine sociale che si modella sulla struttura naturale dell'uomo (e non viceversa). Infatti se si pensa all'individuo come un essere duttile e malleabile si è sicuri che esso costituirà un soggetto adatto alla "plasmazione del comportamento" da parte dell'autorità statale, del datore di lavoro e del tecnocrate quindi sarà facilmente soggiogabile e vittima del sistema stesso. Perderà dunque la più sincera e vera natura umana; perciò un anarchico è necessariamente anticapitalista. Marx inquadrava e spiegava quelle che sono le conseguenze del capitalismo parlando di “alienazione del lavoro”; essa avviene quando l'attività lavorativa è estranea al lavoratore e non parte della sua stessa natura sicché egli non si realizza ma nega se stesso nel lavoro e "ne esce esausto nel fisico e abbrutito nella mente", e affermava quindi che "il lavoro è bene che sia non soltanto un mezzo di vita, ma anche il primo e volontario bisogno della vita". Ciò è irrealizzabile dal momento che l'operaio, il contadino o più generalmente il lavoratore-dipendente è spinto dall'autorità o dal bisogno esterno. Ma un anarchico non può che essere contrario non solo all'alienazione del lavoro, ma anche all'instupidente parcellizzazione del lavoro che rende l'individuo uomo solo parzialmente; deve quindi puntare alla realizzazione di una società coabitata da individui totalmente sviluppati per la quale le differenti funzioni sociali non sono altro che tanti modi di dispiegare liberamente le proprie potenzialità innate. Condizione inalienabile per la realizzazione di questo obiettivo è l'abolizione del capitale e del lavoro salariato capitalistico e ancora -l'abolizione- degli eserciti industriali dello “Stato operaio” o del capitalismo di Stato.



Indi il binario sul quale corrono - generalmente- il pensiero e l'ideale anarchico è quello caratterizzato dalla volontà di liberare l'uomo dalla maledizione dello sfruttamento economico e dell'asservimento politico e sociale. La stazione d'arrivo di ciò non è altro che la riorganizzazione della vita economica edificata nello spirito del socialismo. Possiamo quindi da subito puntualizzare che ogni anarchico è un socialista (ma non che ogni socialista sia necessariamente un anarchico).

Solo i produttori stessi hanno la possibilità di raggiungere questo obiettivo, essendo i soli creatori di valore; spetta loro quindi il compito di liberare il lavoro da tutti i ceppi impostigli dallo sfruttamento economico, di liberare la società da tutte le istituzioni e le procedure del potere politico (come la burocrazia), e di spianare la via ad un'alleanza di gruppi spontanei di uomini e donne fondata sul lavoro cooperativo e su di un'amministrazione delle cose pianificata nell'interesse della comunità. Le organizzazioni operaie devono creare non solo le idee, ma anche i fatti dello stesso futuro e ciò che devono istituire al posto del governo è la mera organizzazione industriale basata su accordi reciproci. Ergo un ordine sociale ed economico di questo stampo non può essere garantito mediante i decreti o gli ordinamenti di un governo, ma soltanto ed esclusivamente per mano della collaborazione spontanea e solidale dei lavoratori (sia "intellettuali" sia "manuali" tanto come sia "di città" sia "di campagna") in ogni singolo settore della produzione. Torno a ripetere, a priori deve esserci l'appropriazione del capitale (materia prima, -terra compresa- , e strumenti di lavoro) da parte dell'intero corpo dei lavoratori. L'anarchismo quindi si oppone allo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo e al dominio dell'uomo sull'uomo; da qui possiamo definire l'anarchia come l'ala libertaria del socialismo. (se dovessi concedervi una più specifica definizione del ramo anarchico che sto descrivendo, essa passerebbe sotto il nome di anarco-sindacalismo/socialismo libertario). Ante omnia però c'è la necessità di porsi come obiettivi la trasformazione e lo sviluppo spirituale dell'individuo in relazione a sé stesso e alla società; il "cittadino" dunque sarà tale se si conoscerà e saprà usufruire della propria capacità di ricercare, decidere, agire e produrre in vista di una vita collettiva.

In una sua canzone Guccini cantava "gli anarchici li han sempre bastonati" probabilmente perché visti come naturali sostenitori della rivoluzione fine a sé stessa. Ma è bene esplicare e comprendere assieme cosa sogna un anarchico parlando di rivoluzione: la sovversione dello Stato organizzato mirata alla consegna della ricchezza ai produttori che dovranno realizzare quello che ho spiegato poco fa. Se ciò non accade la rivoluzione sarà stata un inganno e lo Stato continuerà ad esistere. Si dovrà quindi istituire un Consiglio federale dell'economia; un potere di regolazione economica e amministrativa che riceve il suo orientamento e le direttive dal basso e quindi semplice organo di collegamento e nient'altro, non paragonabile o sostituibile da un potere politico.

La libertà anarchica non riconosce restrizioni all'infuori di quelle che sono tracciate dalle leggi della nostra stessa natura; natura che vede nello Stato -anche in quello democratico- una grande menzogna che non rappresenta nulla se non il privilegio di alcuni sulla schiavitù di tutti.

L'anarchia è quindi tutto il contrario di ciò che ignorantemente si è portati a pensare (individualismo, libertà assoluta di agire talvolta anche nel male). E' invece un'idea fondata sulla responsabilità, il creare e l'agire coscienziosamente e civilmente nel rispetto del prossimo e in vista di un bene comune.

Posso dirvi, che a parer mio, questa indole non è lontanamente attuabile in società complesse come quelle odierne. L'anarchia rimane quindi una utopia, un sogno al quale molti uomini hanno creduto e al quale hanno ambito, colmi di fiducia nell'uomo, e convinti che l'utopistico non rappresenti altro che l'irrealizzato e non l'irrealizzabile.

[1] la frase è una simbolica strofa di F.Guccini (Canzone di Notte n.2) rielaborata e resa dichiarativa.


di Luca Dossi


 
 
 

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