Lo Stato d'eccezione
- Visconti Dimezzato
- 8 apr 2020
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Lo stato d’eccezione è in poche parole la configurazione che assume il potere politico in situazioni atipiche, per esempio guerre o crisi economiche che gravano pesantemente su una nazione, costringendo il governo a prendere misure straordinarie. Un caso d’eccezione com’è deducibile non è previsto dalla regola, i capi di governo quindi possono all’occasione sospendere l’ordine giuridico vigente, al fine di far fronte all’urgenza con tutti i mezzi disponibili.
In questi giorni di emergenza mondiale ho sentito parlare molto a questo proposito, imbattendomi in notizie e opinioni di ogni genere, e credo sia opportuno fare un po’ di chiarezza approfondendo l’argomento.
È il caso, a mio avviso, di iniziare ricordando la figura del dictator latino. Nella costituzione della repubblica romana (509-27 a.C.) era contemplata l’elezione di un dictator da parte dei consoli e del senato nel corso di gravi irruzioni nemiche o rivolte popolari. Questo godeva dell’imperium maius e dunque della pienezza del potere civile e militare, ma l’incarico era valido per soli sei mesi. Silla invece fu eletto dictator a tempo indeterminato, essendo morti entrambi i consoli, per risolvere la crisi che da decenni incombeva su Roma. Il dictator instaurò però un regime del terrore, ordinando l’uccisione di tutti i suoi oppositori politici.
A partire dal 16esimo secolo la questione sullo stato d’eccezione turbò l’animo di molti giuristi, come Pufendorf,che lascia aperta la questione su chi sia competente nel caso in cui non siano previste competenze e a chi tocchi la presunzione del potere non delimitato. O ancora Bodin,che nel suo saggio “Les six livres de la république”, si chiede in che misura il sovrano sia legato alla legge e obbligato verso i suoi ceti. Una misura da una parte politica e dall’altra etica, un equilibrio da sempre ricercato.
Carl Schmitt, giurista e filosofo politico, niente di meno che presidente dell'organizzazione dei giuristi nazionalsocialisti nel 1933 e ideatore, nel 1939 , della macro-pianificazione del diritto internazionale come giustificazione alla politica espansionistica di Hitler, occupò gran parte della sua vita a studiare il tema dello stato d’eccezione.
Una delle sue opere “La teologia politica” del 1922, si apre con la frase “sovrano è chi decide sullo stato d’eccezione” mettendo da subito in chiaro la sua posizione sulla questione. La sovranità sotto l’aspetto decisionale manifesta il massimo potere nel caso eccezionale. Sostiene che un sistema giuridico orientato alle questioni di vita di ogni giorno resti “senza parole” di fronte all’eccezione. Questa infatti richiede di prendere una decisione interrompendo l’ordinamento vigente che non prevede soluzioni in merito. Schmitt vede lo stato, come fa anche Hobbes a cui si ispira, come un ordinamento giuridico fondamentale preposto a normare le ostilità che per natura l’uomo ha con i suoi simili. Schmitt in sostanza svuota di ogni importanza e significato il parlamentarismo, dando vigore al totalitarismo legittimato dallo stato di emergenza, definendo il sovrano “il monopolio sulla decisione ultima”. Il suo pensiero sullo stato d'eccezione, influenzò la presa di potere di Hitler, che tutti sappiamo non essere stato un gran sovrano nel far fronte alla crisi tedesca.
Tornando ai nostri tempi, il 30 marzo, il presidente ungherese Orban è stato messo a capo dello stato d’eccezione, a tempo illimitato e con potere assoluto, Schmitt l'avrebbe probabilmente definito sovrano. In ogni caso è stato eletto dal parlamento ungherese,composto per due terzi da membri del suo partito "Fidesz", per far fronte all’urgenza contro il virus. Fra le prime leggi che ha proposto hanno destato molto scalpore la sospensione del parlamento a tempo indeterminato, e la pena di reclusione per coloro che diffondono “false notizie”,di per sé una legge molto poco oggettiva. E mentre Matteo Salvini e Giorgia Meloni gli augurano buon lavoro con un tweet, il resto del mondo resta annichilito. La commissione europea commenta che “Sta valutando le misure di emergenza adottate dagli stati membri in relazione ai diritti fondamentali” ha detto il commissario alla giustizia Didier Reynders. “In particolare per il caso della legge votata oggi in Ungheria sullo stato di emergenza e le nuove sanzioni penali per la diffusione di informazioni false”.
Ma questo ancora non basta, il 5 aprile infatti, è stata approvato da Orban un disegno di legge del suo vice primo ministro, che nega la possibilità di registrare sui documenti di identità il cambiamento di sesso.La bozza del testo stabilisce che il genere deve essere definito come "sesso biologico basato su caratteristiche sessuali primarie e cromosomi", un testo che ricorda in modo spaventoso quello delle leggi razziali del Terzo Reich. Inutile dire quanto questo leda i diritti dei transgender ungheresi, per non parlare della politica omofoba che il partito da sempre porta avanti, e che negli ultimi giorni si è inasprita sempre di più. Risulta difficile stabilire il legame fra l’emergenza pandemia e le misure prese da Orban, che non sembrano attenersi alla ragione dello stato d’eccezione, almeno non a quella ufficiale.
Il mio timore è che si guardi a questi fatti con eccessiva superficialità . In Italia al momento vige lo stato d'emergenza, in cui alcune libertà fondamentali dei cittadini possono essere limitate (ad esempio quella di movimento) con lo scopo di proteggere la sicurezza dello stato e dei suoi cittadini. C'è chi però, come Salvini, ritiene opportuno svolgere la messa di Pasqua, per sostenere la nazione con il potere della fede. Non mancano gruppi ultracattolici che lanciano proposte di petizioni volte a bloccare gli aborti in Italia, in quanto non sono un servizio essenziale durante una pandemia, forse ispirati dal modello che è stato applicato in Texas e in Ohio, dove tutti gli aborti sono stati sospesi.
Non mi sembra il momento di rivalutare libertà faticosamente guadagnate e ormai consolidate. Non voltiamo le spalle alla storia, che ci ha già insegnato quanto sia sottile il confine fra stato d’eccezione e totalitarismo.
di Gloria Facondo
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